INTERVIEW

Caleido intervista Patricia Urquiola

issue #27: futurespective

L’intervista su Caleido a Patricia Urquiola, architetta e designer spagnola, è la cover story della Issue #27, intitolata: Futurespective. Benvenuti in Caleido, diario d’ispirazione che contiene molte storie: di persone creative, di tendenze, di viaggi, di oggetti. / Leggi qui l’Editor’s letter

Diario di: @patricia_urquiola

Ph. Laila Pozzo
1. Nella sua ricerca progettuale, quali sono le tematiche/tendenze che sta indagando con maggior intensità? In relazioni a queste, quali sono le conclusioni più interessanti alle quali è giunta?

Nell’ultimo periodo mi sto interessando all’intelligenza artificiale e alle applicazioni che può avere nel nostro settore. Cambierà il nostro cervello, su questo non ho dubbi. Penso che le applicazioni dell’intelligenza artificiale saranno ancora più dirompenti di quelle dell’avvento di internet.

Ma io credo che l’innovazione nel design non si limiti solo alla tecnologia, ma che sia più culturale e sociale. Quando progettiamo un oggetto, stiamo progettando qualcosa che è, a sua volta, legato a molte dimensioni: un comportamento, un modo di fare le cose, un’esigenza che varia e cambia nel tempo. Quindi, come designer, dobbiamo essere sempre di più in stretto rapporto con biologi, artisti, ingegneri, filosofi e così via.

@patricia_urquiola
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2. Qual è il suo personale legame con il passato, con le icone d’archivio e i cosiddetti “grandi maestri”? Come si combina con la sperimentazione e l’invenzione?

Penso che i Maestri abbiano lavorato nel proprio tempo con grande naturalezza e spontaneità, senza mai aver paura di sperimentare, di forzare i limiti dell’abitare e di aprire finestre sul futuro. Hanno realizzato oggetti che resistono al filtro del tempo, influenzando generazioni di designer. Durante il Salone del Mobile di quest’anno, con Cassina abbiamo presentato ECHOES, 50 years of iMaestri, una mostra che racconta una storia bellissima, legata a 50 anni di ricerca, incentrata sul lavoro dei grandi maestri del design. Cassina ha sempre dimostrato una grande attenzione verso l’eredità culturale dei grandi protagonisti del passato, riuscendo a tradurla nel presente attraverso la sperimentazione e l’invenzione. Esempio di questo approccio è il lavoro svolto da Cassina LAB nel rieditare le grandi icone di design riproponendole con un’anima più consapevole. Quest’anno l’azienda ha presentato diversi pezzi di Le Corbusier, Charlotte Perriand and Pierre Jeanneret come il divano 5 Canapé o 7 Fauteuil tournant in una versione durable, ovvero realizzati con materiali circolari, introducendo l’ovatta di PET riciclato e sostituendo le parti schiumate con un poliuretano con una percentuale di polioli derivanti da origine biologica.

@patricia_urquiola
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3. Nel 2016 è diventata art director del brand Cassina. Come si approccia un progetto di questa portata? Quali sono stati i primi ragionamenti o intuizioni che ricorda di aver ideato fra le porte del suo studio?

È un onore essere la direttrice artistica di questa azienda. La direzione artistica è un lavoro complesso perché coinvolge molti ambiti, dalla produzione alla ricerca, alla comunicazione e così via. Dico sempre che sono un “outsider” o forse “insider” di Cassina, perché lavoro sia come designer che come art director, portando una visione “esterna” all’azienda. Dal 2015 la collaborazione è sempre stata fatta di sperimentazioni, nuovi tentativi e sfide, discussioni sempre molto aperte e serene.

Abbiamo lavorato molto bene con i diversi designer, si è creato un processo molto fluido di condivisione e discussione. Ci sono molti designer che ammiro e sono orgogliosa di lavorare con molti di loro all’interno di Cassina. Penso a @michaelanastassiades, ai fratelli @ronanerwanbouroullec, @rodolfodordoni, @destroyersbuilders, solo per citarne alcuni… sono ottimi colleghi e portano un punto di vista brillante all’azienda attraverso ogni progetto.

@patricia_urquiola
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4. Una domanda personale: qual è il suo rituale creativo quando deve approcciare un nuovo progetto (penso ad esempio alla collaborazione con @etel.design)? In che modo forgia la sua visione? È una persona che mentalizza tutto, oppure che pensa mentre scrive/disegna/appunta?

Mi piace iniziare a studiare a fondo l’azienda prima di iniziare un nuovo progetto: ho bisogno di capire le relazioni che ci sono, il brand, gli utenti, i prodotti. Rispetto i brand con cui lavoro cercando di evolvere con loro. Mi piace sperimentare e osare, sfido me stessa, l’azienda, i materiali, la produzione. Cerco costantemente di uscire dalla mia zona di comfort, imparo di più ogni volta. Mi piace collegare le persone ai loro spazi, a un ricordo emotivo. Da tempo ormai il nostro processo creativo si è mosso anche nella direzione di nuovi modi di fare il nostro lavoro. Stiamo ripensando l’intero ciclo produttivo dalle prime fasi fino al suo trasporto.

@patricia_urquiola
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5. Architettura e prodotto: due scale diverse. Qual è il suo rapporto tra questi due universi, entrambi testimoni del tempo e delle culture? In che modo questo rapporto si è evoluto nel corso del tempo?

Io credo che entrambi riflettano il rapporto tra tempo, cultura e i comportamenti umani. Il rapporto tra architettura e prodotto si è evoluto nel corso del tempo, con influenze reciproche. Nel mio percorso architettura e prodotto sono sempre state in rapporto, mi piace passare dalla grande scala alla piccola. Nello studio, i team di architettura e design lavorano a stretto contatto e in modo interrelato. Molte volte trovo soluzioni architettoniche quando lavoro su un progetto di design e viceversa.

@patricia_urquiola
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6. La sua estetica spesso parla di benessere. Qual è un rituale o un luogo che la fa stare bene? In che modo riesce a trasferire queste sensazioni agli altri?

Le mie evasioni sono legate agli affetti e alla natura. La fuga più vicina è all’hotel Il Sereno sul Lago di Como, un nostro progetto. Il rapporto con l’acqua e il verde delle montagne ha un grande effetto su di me. Oppure le spiagge atlantiche della mia infanzia nelle Asturie, mare forte, alte scogliere e lunghe spiagge deserte.
La fuga più lontana è in un cantiere di un hotel in Giappone, in una spiaggia sul mare, con vista sul Monte Fuji. L’elemento in comune è sicuramente l’acqua.

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7. Facendo ricerca per preparare questa intervista, mi sono imbattuto con un titolo che la definisce “l’erede dei grandi maestri del design italiano”, tanto venerati in tutto il mondo. Non le chiederò se è d’accordo con questa affermazione, bensì quali siano gli elementi e i codici del suo lavoro che ritiene siano destinati ad essere ricordati?

I codici del mio lavoro derivano dall’insegnamento che ho avuto dai grandi maestri italiani.

Da Vico Magistretti (@fondazionemagistretti) ho imparato il valore degli errori, sperimentare, osare e rompere i confini. Con l’aiuto della tecnologia, amo sperimentare con materiali che permettono di continuare a spingere i confini verso cose che sembrano impossibili da raggiungere. L’attrito causato dalla resistenza è ciò che incoraggia le società a pensare in modo creativo. Nel mio lavoro, le barriere vengono spesso infrante e i pregiudizi ignorati.

Achille Castiglioni (@fondazioneachillecastiglioni) mi ha insegnato a stabilire sempre “l’elemento fondamentale”, a cogliere il cuore, il senso intorno al quale ruota ogni progetto, costruendo una connessione empatica con l’utente che alla fine interagirà con i miei progetti. L’empatia diventa punto focale per comprendere le relazioni e i bisogni degli utenti.

L’ultimo punto a cui tengo molto è quello che mi spinge a trovare soluzioni per un futuro ottimista difendendo ogni tipo di diversità per superare ogni tipo di gap sia esso di genere, sociale, di classe o di pensiero.

@patricia_urquiola
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8. Di recente ho partecipato alla premiazione di “DIVIA Award – Diversity in Architecture”: un premio dedicato a promuovere progetti di architettura responsabile ad opera di architette donne. Quale crede siano i principali ostacoli, se ancora perdurano, per raggiungere una vera parità di genere nel mondo dell’architettura? Ci sono delle “battaglie” che le stanno particolarmente a cuore?

Quando ho iniziato a fare questo lavoro, il mondo del design era ancora più maschile di oggi. Allo stesso tempo, Milano è sempre stata una città molto aperta alle diverse comunità. Ricordo che Gae Aulenti non voleva far sentire agli altri femminilità, ma piuttosto per far dimenticare agli altri che era una donna. Ho usato anche io quel metodo per paura: ero donna e spagnola, non sapevo quale delle due cose mi rappresentasse di più. Questo mi ha aiutato a trovare il mio ritmo. Oggi sicuramente sono stati fatti dei grandi passi avanti, ma c’è ancora molto da fare affinché si raggiunga una vera e propria uguaglianza. Io penso che non si debba mai sottolineare la differenza di genere ma piuttosto la capacità, la professionalità e la bravura.

@patricia_urquiola
9. Nel suo percorso, si è cimentata con progettazioni tra loro molto diverse: da hotel ai tappeti a scarpe, dall’allestimento di mostre alla curatela, dalla direzione alla pura progettazione. Qual è una cosa nella quale vorrebbe cimentarsi e magari sperimentare?

Ho tanti sogni e progetti in mente, il mondo delle wearable technologies, ad esempio, mi affascina molto. Ma, come dicevo prima, il digitale è anche un media che offre nuove prospettive e opportunità. In generale, credo che il lavoro di architetti e designer stia attraversando una fase di profondo cambiamento. Siamo noi che osserviamo la società e cambiamo con essa. Credo che in futuro non progetteremo solo spazi, ma soprattutto nuovi comportamenti.

@patricia_urquiola
10. Qual è un oggetto della sua casa al quale non rinuncerebbe mai? Qual è il ricordo legato ad esso? Ci manda una foto scattata da lei?

Ne ho molti, la mia casa ospita non solo mobili ma anche alcuni prototipi a cui sono particolarmente affezionata.

Se dovessi scegliere, sceglierei la libreria Nuvola Rossa disegnata per Cassina da Vico Magistretti, a cui sono molto legata perché, come detto prima, è stato il mio mentore insieme ad Achille Castiglioni. Ho sentito che per me era importante possedere uno dei suoi pezzi: si trova davanti al tavolo dove pranzo.

libreria Nuvola Rossa di Vico Magistretti – Collezione Cassina iMaestri, ph. Valentina Sommariva
libreria Nuvola Rossa di Vico Magistretti – Collezione Cassina iMaestri

Tutte le immagini sono tratte dal profilo Instagram dell’intervistato, e rappresentano una parte integrante dello storytelling editoriale dell’intervista. Consultare il profilo Instagram dell’intervistato per visionare i crediti completi.

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