issue #20: everyday design
L’intervista su Caleido a Georg Schnitzer & Peter Umgeher di Vandasye, studio di design a Vienna, è la cover story della Issue #20, intitolata: Everyday design. Benvenuti in Caleido, diario d’ispirazione che contiene molte storie: di persone creative, di tendenze, di viaggi, di oggetti. / Leggi qui l’Editor’s letter
Diario di: @vandasye

1. Vandasye è uno studio di design con sede a Vienna fondato da Georg Schnitzer e Peter Umgeher nel 2008. Quali sono le principali esperienze che vi hanno portato a incontrarvi e a unire le forze?
Cominciamo dall’inizio… Io (Georg Schnitzer) ho studiato graphic design e Peter ha iniziato a occuparsi di design industriale e ci siamo incontrati all’università. Abbiamo iniziato a vederci regolarmente e a lavorare su diversi progetti. Ma è stato dopo il 2006 che abbiamo pensato a come unire le nostre forze… Era interessante lavorare insieme, unendo il graphic design e l’industrial design, per scoprire quali potrebbero essere i risultati.
Tra il 2006 e il 2008 siamo stati a Londra e lì, credo nel 2007, abbiamo iniziato a intensificare il lavoro a quattro mani e a chiederci quale potesse essere il senso più profondo. All’epoca non avevamo ancora un nome nel settore, come potevamo iniziare da zero? Cosa avremmo dovuto fare per essere riconosciuti come uno studio vero e proprio? Quale doveva essere il nostro linguaggio? Abbiamo quindi deciso di prenderci un anno di pausa da tutto e di focalizzarci su un solo progetto. Quello è stato il nostro primo portfolio, una sorta di manifesto. All’epoca ci eravamo da poco trasferiti in un nuovo appartamento, che era piuttosto vuoto. Così abbiamo pensato: “come possiamo sfruttare questo spazio vuoto, trasformandolo nel nostro punto di partenza? Come possiamo immaginare un appartamento del futuro, creando mobili e prodotti semplici? Con queste domande in mente abbiamo sviluppato una serie di arredi usando la stampa 3D e il taglio laser, combinata a oggetti di pre-produzione. Era una tecnologia facile, economica, che non costringeva a produrre su larga scala, e che permetteva un assemblaggio semplice, usando solo qualche vite.
Parallelamente lavoravamo ad un archivio digitale, che abbiamo chiamato “contesto”, creato per dimostrare ai visitatori del nostro sito che sapevamo che il design avesse una storia piuttosto lunga e quale fosse la direzione nella quale volevamo lavorare.


2. In questo tipo di produzione “meccanizzata”, i dati e i prototipi possono essere realizzati ovunque in modo automatico. Se il valore del design non è più legato solo alla produzione, cioè alla qualità e alla capacità di produrre qualcosa, quale potrebbe essere in futuro il valore del design?
Non so se questo risponde alla sua domanda, ma crediamo che il design debba trovare il suo vero valore negli aspetti progettuali o materiali, o nell’unione di queste cose, anziché che sulla produzione. Molte aziende sono troppo impegnate nel loro processo produttivo, e quindi spesso svalutano il potere concettuale del design e delle opportunità che potrebbe generare. Spesso in azienda le persone non hanno il tempo, o la concentrazione, nemmeno per capire le potenzialità di un progetto. Grazie ad una produzione decentrata, le aziende potrebbero invece avere la possibilità di fare qualcosa di diverso rispetto al passato, concentrando i loro sforzi a monte, e questo forse potrebbe portare ad un impatto di portata sorprendente.


3. Siete responsabile della curatela, dell’allestimento e dell’identità visiva della mostra “Design Everyday” alla @viennadesignweek, una sorta di archivio che mette in risalto ciò che sta accadendo nel mondo contemporaneo. Quali sono i principali cambiamenti che la società sta apportando e che i designer dovrebbero considerare per il loro lavoro? Ci sono delle linee principali che la società sta dando ai designer come brief?
Questa è una domanda molto complessa a cui faremmo fatica a rispondere, in quanto siamo parte della società stessa nella quale viviamo… C’è stato un tempo in cui i designer apportavano il loro contributo alla società creando, o rispondendo, a dei bisogni. Oggi invece non sono sicuro che i designer reagiscano ancora alle esigenze della società. Ho l’impressione che molti designer si limitino invece a studiare quali archetipi si vendono bene, e a riproporre delle variazioni-sul-tema. Parlando di noi, ogni nostro progetto parte da un punto-zero, dalla ricerca di ciò che già esiste già per poi focalizzarsi su come migliorarlo. Solo il tempo ci aiuterà a valutare l’impatto di quello che creiamo: forse tra dieci anni potremo risederci e rifletterci. Ma nel frattempo è difficile capire quale sia la direzione, dove si sta andando veramente… Per ora si tratta di un test a lungo termine.


4. Lavorate a progetti che spaziano dai prodotti industriali all’allestimento di mostre. Quali sono i tratti distintivi del design che contraddistinguono Vandasye?
Molti designer hanno un proprio stile molto forte, altri invece partono dallo studio delle aziende committenti, e ad esse adattano il loro design… Quando collaboriamo con un’azienda, vediamo il design come una partnership e pensiamo che ognuno possa imparare dall’altro. Siamo sempre davvero curiosi di imparare dall’azienda perché ciascuno di noi vede cose totalmente diverse.
Se ripensiamo ai vari punto di partenza, non ricordiamo un progetto nel quale abbiamo potuto già immaginare la fine dal punto di partenza. Quindi bisogna comprendere e rispettare il fatto che ciascun progetto è sempre un processo, che si sviluppa in un contesto di continuo cambiamento. Certo, se non ripartissimo ogni volta da zero sarebbe un processo più breve in termini di tempo. Ma a noi piace partire da zero e pensare davvero a tutto, per esplorare ogni volta una direzione inedita. Non so come descriverlo… è una sensazione costante: se iniziamo a fare qualcosa, dobbiamo riavvolgere il nastro fino al punto nel quale intravvediamo un nuovo punto di partenza. La soddisfazione più grande? Fare una sosta lungo il percorso e dirsi: “ok, continuiamo così, perché funziona!”.

5. La ricerca sul materiale fa parte della vostra identità stilistica? Qui nel vostro studio vedo molti materiali, quindi credo che sia un pilastro fondamentale del vostro stile…
Sì, penso che siamo molto attratti dai materiali, da molti punti di vista. Anzitutto dal lato estetico, ovvero di come si presentano e da come possono essere accostati; soprattutto quando possiamo far dialogare tra loro dei materiali in modo del tutto inedito e sorprendente. Questo è uno dei vantaggi di lavorare insieme e non solo da soli: a volte si può sorprendere anche se stessi. Credo che i materiali siano importanti anche per altri due motivi: uno economico, in quanto da essi dipende gran parte del costo del prodotto finale, e un altro etico, legato al loro impatto ambientale. Dal 2012 lavoriamo a queste tematiche, facendo anche delle mostre sul concetto di no-waste di materiali. Cerchiamo sempre di combinare materiali già disponibili, riutilizzabili, ma soprattutto duraturi. E questo non è così semplice, perché i materiali di nuova generazione che combinano questi tre parametri sono piuttosto costosi.



6. Avete toccato un tema centrale: il costo del design… Oggigiorno il design viene spesso associato al lusso, in quanto costoso. Ma secondo la storicità della sua natura, dovrebbe essere più legato all’accessibilità tipica di un oggetto quotidiano. Come possiamo mettere a sistema queste due caratteristiche?
Ha perfettamente ragione. Il design proviene storicamente da un background diverso, quello del Bauhaus, che voleva rendere gli arredi accessibili. E per renderli tali, si è iniziato ad usare i macchinari per produrre, ben più economici del lavoro dell’uomo. Mi sorprendo sempre molto quando sento la gente dire: “questo è un oggetto di design?” Certo che lo è! Non potrebbe essere altrimenti, perché dietro ad ogni oggetto c’è un progettista, un disegnatore per l’appunto… Ecco che quindi entriamo in un territorio di discussione tra gli obiettivi di un oggetto (in sé), e gli obiettivi del “design”. Di quale dei due argomenti si deve occupare il designer? Credo di entrambi. E per riuscire nell’intento deve necessariamente partire dal tema del prezzo: come mantenere il prezzo sufficientemente accessibile per far sì che le persone possano permetterselo e utilizzarlo correttamente? Utilizzando meno materiale? O un materiale più economico? O invece utilizzando un materiale più caro, ma che dura di più e che quindi consente alle persone di comprare meno e usare più a lungo ciò che possiedono?

7. Questa questione della durevolezza è un enorme tema per molti settori, pensiamo alla moda… Ci sono altre caratteristiche che un oggetto d’uso quotidiano deve avere per essere considerato degno di nota, e dunque entrare a far parte della vostra mostra alla @viennadesignweek?
Onestamente non abbiamo una checklist, non ne abbiamo mai avuta una. Confesso che ci abbiamo pensato fin dall’inizio, ma lo abbiamo sempre escluso perché volevamo tenere uno spazio per la soggettività. Se si osservano attentamente i prodotti in mostra, si può capire che essi sono molto diversi tra loro… Provengono anche da studi di design totalmente diversi, le cui direzioni d’indagine sono eterogenee. Alcuni designer lavorano a stretto contatto con l’industria, altri per un proprio marchio in autoproduzione, altri sono invece più legati all’artigianato. Nel nostro lavoro di curatori cerchiamo di non giudicare mai i nostri colleghi, bensì di valorizzare le loro produzioni per carpirne gli aspetti più interessanti o attrattivi. La nostra è una scelta “semplice”, finalizzata a lanciare degli stimoli ai visitatori della @viennadesignweek.

8. Qual è il DNA del design austriaco? Quali sono le caratteristiche comuni del loro modo di fare, e gli spazi ancora inesplorati che intravvedete?
Ogni anno facciamo molte ricerche per riuscire a intercettare i molti studenti che conducono studi e sperimentazioni molto interessanti; andiamo a mostre o chiediamo a studi che conosciamo i nomi di altri creativi che operano in questo campo… Il team di designer in Austria non è molto numeroso, è una vera e propria comunità. Credo che uno degli aspetti principali di Design Everyday sia proprio quello di mostrare, nell’ambito della @viennadesignweek, cos’è il design austriaco e gli ambiti dei quali si occupa. È pur vero che molte persone ancora non sanno esattamente cosa sia il design, e fanno fatica ad associare i prodotti semplici, di uso quotidiano, al design. E questo dipende sicuramente da una importante lacuna produttiva che riguarda proprio il design austriaco: si passa infatti da una folta compagine di designer austriaci, come Otto Wagner (1841 – Vienna 1918), esposti nei musei di design di tutto il mondo, ad un vuoto pressoché totale dopo la seconda guerra mondiale. Solo negli Anni Settanta troviamo una nuova vibe viennese, rilanciata dall’architettura sperimentale. Gli strascichi di questo vuoto li paghiamo ancora oggi, dovendo ancora spiegare qui in Austria che cosa sia il design. Che cosa fa un designer? Qual è il processo? Come interagiscono designer e aziende? Mi sono sempre chiesto come sia tale dinamica in altri Paesi, se sia lo stesso o meno…

9. Per noi in Italia, la parola “design” è sinonimo di arredamento. Quindi se uso la parola design in Italia, non significa progetto, ma arredamento. Così, la prima volta che sono andato alla @viennadesignweek, sono rimasto molto colpito dal focus totalmente diverso rispetto al nostro: si parla molto di sperimentazione e processo, e meno di oggetti finiti. Forse sono prototipi o forse sono concept, non sono oggetti finiti.
È incredibile! È vero, ed è proprio per questo che noi vogliamo invece focalizzarci sugli oggetti finiti, per mostrare anche il “finale” della storia. Vogliamo mostrare oggetti ultimati, commercializzati o commercializzabili, per non confondere troppo le persone. L’obiettivo è anche quello di concentrarsi sulla nuova generazione di designer austriaci, per cercare in loro gli elementi che compongono il DNA del design austriaco: un design che ama indagare spazi concettualmente inesplorati, in una dimensione – forse troppo – intellettuale, nella quale la forma – erroneamente – non è sempre così importante…

10. Qual è un oggetto della sua casa a cui non rinuncerebbe mai? Qual è il ricordo legato ad esso? Ci manda una foto scattata da lei?
È molto difficile trovare un solo oggetto. Nonostante passiamo la nostra vita a creare oggetti, non sono così attaccato a un oggetto in particolare… Credo che per me sia più importante il modo in cui ottengo un oggetto. Penso che se dovessi dar via tutti gli oggetti o i prodotti e tenerne solo uno, sarebbe un regalo ricevuto da una persona speciale…. Forse la prima lettera che mi ha scritto mia figlia, quando ha imparato a scrivere.
