INTERVIEW

Caleido intervista Carolina Castiglioni

issue #30: The power of instinct

L’intervista su Caleido a Carolina Castiglioni, fashion designer e fondatrice del brand Plan C, è la cover story della Issue #30, intitolata: The power of instinct. Benvenuti in Caleido, diario d’ispirazione che contiene molte storie: di persone creative, di tendenze, di viaggi, di oggetti. / Leggi qui l’Editor’s letter

Diario di: @plan_c_official

1. Molti designer si ispirano a varie forme d’arte per realizzare le loro collezioni. Quali sono le sue principali fonti d’ispirazione quando si tratta di progettare?

L’ispirazione principale nasce nella vita quotidiana: da libri, memorie di viaggio, pezzi vintage scovati in un mercatino, da un inedito abbinamento di abiti, o anche banalmente da una piccola stampa che, se ingigantita, può diventare tutta un’altra cosa… Se invece parliamo di riferimenti specifici al mondo dell’arte, circa il colore e le combinazioni cromatiche sono molto affezionata al lavoro di @ellsworthkellystudio e @alexkatzofficial… Per le forme, le geometrie e le sculture, invece a @richard.serra. Come si intuisce, le mie sono ispirazioni che nascono e crescono in una dimensione fisica e tattile. C’è poi una dimensione più digitale, che uso per fare ricerca, ovvero per scovare nuovi riferimenti e materiali… fisici.

@plan_c_official
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2. In riferimento alla parola trasformazione, c’è un processo che nel corso del tempo è diventato il suo rituale?

In effetti sì… Nella vita di tutti i giorni sono solita scattare moltissime fotografie, ad esempio quando sono in vacanza con i miei figli. Questi scatti, che affollano il mio archivio privato, si trasformano poi in stampe, oppure in geometrie color-block. Il progetto “Ritratti” ad esempio, che ho presentato al Salone del Mobile 2023, ha visto un’evoluzione di queste foto, che sono diventate sculture e tappeti. Il mio lavoro sulle immagini è incessante, e anch’esso molto fisico: inizia sempre con il semplice zoomare dentro e fuori l’immagine, per renderla più concettuale, più astratta o più figurativa, a seconda di quello che si vuole rappresentare… C’è poi un lavoro di trasformazione e ri-trasformazione materica: una foto può diventare disegno per una maglia e poi magari motivo di ricamo in paillette su una gonna. È così che un ritratto bidimensionale acquista una nuova dimensione.

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3. Possiamo dire che è una persona che ama collezionare? C’è qualcosa in particolare che le piace collezionare?

Le foto sono una sorta di collezione, che sedimenta ricordi di per loro più istantanei, improvvisi. Ho poi una collezione di miniature, alle quali sono molto affezionata. In particolare ho una collezione di sedie in miniatura Vitra che raccolgo da quando ero al liceo. Andavo al liceo artistico e sono stata in gita al @vitradesignmuseum ed è lì che ho comprato la mia prima sedia, di colore arancione. Mi è sempre interessato il design – in particolare le sedie – ed è da lì che è nata la mia collezione.

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4. Sempre parlando di collezione, Caleido nasce come un diario nel quale incollare (digitalmente) dei ritagli che si vogliono collezionare a memoria futura. Ha mai tenuto un diario?

Se parliamo di un diario in una forma tradizionale no… ma, a ben pensarci, in @plan_c_official c’è tanto del concetto di un diario. Penso ad esempio a due ritratti che ha fatto mia figlia Margherita quando aveva 3 anni: mi piacevano molto per la loro semplicità, geometria e impulsività (li ha fatti in pochi minuti). In senso figurato, li ho incollati sulle pagine di questo diario immaginario.

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5. Parliamo di estetica: quali sono i connotati della sua personale idea di bellezza (tanto nella moda quanto nell’architettura)?

Quando progetto qualcosa, penso immediatamente ai colori e all’accostamento delle varie componenti: il modo con cui scelgo queste due cose è totalmente istintivo… Magari vado al @mercanteinfiera_parma, d’istinto mi piace una cosa e la prendo, senza soffermarmi più di tanto a pensare se starà bene col resto. In qualche modo ci starà! Parlando ad esempio della mia nuova casa a Milano, essa esprime il mio stile e racconta di una nuova sfaccettatura che ho esplorato, proprio grazie a questo progetto: è stata l’inizio di un mondo laccato, fatto di metallo bianco e acciaio. Prima, in effetti, ero molto più orientata agli Anni Cinquanta, ma ormai è da un po’ che mi hanno stufato… Adesso sono molto più attratta dal bianco: abbiamo rifatto lo showroom ed è tutto bianco, ho rifoderato le sedie per la sala a pranzo e le ho volute bianche, il mobile dove ho messo le miniature è bianco di metallo… Quindi, se dovessi riassumere questa nuova ispirazione, si tratta di un’aggiunta di bianco e acciaio in un mondo più caldo, fatto di colori saturi: è proprio questo contrasto che mi piace. È stata un po’ una scoperta, e per questo devo ringraziare nuovamente l’istinto.

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6. Da sempre la contraddistingue un occhio raffinato per i colori. Che cosa rende unico il suo approccio al colore? Ci sono combinazioni cromatiche insolite che ha sperimentato e che hanno influenzato la sua visione creativa?

Progettando casa, il punto di partenza è stato: “voglio una casa colorata”. E, avendo le tre sale principali separate ma comunicanti, la sfida era trovare tre colori che stessero bene assieme. Il desiderio al quale non ero disposta a rinunciare era il colore della cucina, rosa Big Babol, associato all’acciaio. Poi ho aggiunto il color becco d’oca e il melanzana, perché cerco sempre di fare degli accostamenti cromatici e materici – pensiamo all’abbinamento di texture diverse come marmo, ceramiche, cementine, cotto – che all’apparenza appaiono strani, ma che poi funzionano. Anche nelle collezioni di Plan C è sempre così! Credo che debba sempre esserci un equilibrio tra le cose, e spesso è proprio il contrasto che le fa funzionare. Come ad esempio accostare dei mobili vintage in contrasto con le pareti laccate perfette, o in un gioco di sculture imperfette in una location patinata.

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7. Dal punto di vista di espressione creativa non necessariamente legata alla moda o all’interior, c’è qualche altra forma creativa che vorrebbe esplorare nella quale le piacerebbe cimentarsi?

La fotografia, intesa come linguaggio istintivo. Si tratta di qualcosa che ti riporta ad un momento preciso, ad un frammento di ricordo, ad un’emozione precisissima. O a catturare un contrasto che magari è sempre stato li, ma che non era mai emerso. Il mio progetto “Ritratti”, partito dal Salone 2023, è una sorta di nuova un’esplorazione di questo mondo. Dopo la sua partenza ufficiale a Milano, lo abbiamo portato a New York durante Freeze, a settembre a Tokyo, poi a Berlino, poi a dicembre a Miami. Quindi è un progetto in evoluzione. Un po’ come me…

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8. Qual è il consiglio più prezioso che ha ricevuto? Quale suggerimento darebbe ad un giovane designer che sta intraprendendo il proprio cammino nel campo della moda?

Essere istintivi. La mamma [Consuelo Castiglioni, fondatrice del brand @marni] è sicuramente colei che mi ha insegnato questo concetto, portandomi sempre a fare ciò che sentivo dentro. Essere coerenti con se stessi ti permette di esprimere e fare le cose che provengono dal tuo io profondo, e credo che questo si percepisca anche da chi ti sta attorno. Un brand dalla forte identità è la cosa che ti contraddistingue dalla marea di alternative che ci sono in giro, e questo l’ho interiorizzato con Plan C: il luogo dove facciamo solo ciò che ci sentiamo di fare.

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9. Pensando a questo progetto imprenditoriale, anche rispetto ad una grande azienda come Marni, un’altra grande differenza è data da un differente rapporto con il tempo e dal numero di collezioni da produrre. Qual è il suo rapporto con il tempo?

Il rapporto col tempo è stato uno dei primi capisaldi del progetto Plan C: ci siamo imposti di fare ‘solo’ due collezioni all’anno, di non fare sfilate, di abbracciare un concetto molto più semplice. Fermarmi un attimo mi ha permesso di capire che non si è obbligati a fare come fanno tutti: con una collezione ben strutturata puoi coprire benissimo sei mesi di vendita, e assicurare vari drop durante la stagione. Questo approccio ci dà più tempo per elaborare i concetti e, al contempo, ridurre al minimo gli sprechi di produzione.

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10. Qual è un oggetto della sua casa al quale non rinuncerebbe mai? Qual è il ricordo legato ad esso? Ci manda una foto scattata da lei?

Sicuramente una chaise longue in color-block degli Anni Ottanta, che ho messo in casa.

Tutte le immagini sono tratte dal profilo Instagram dell’intervistato, e rappresentano una parte integrante dello storytelling editoriale dell’intervista. Consultare il profilo Instagram dell’intervistato per visionare i crediti completi.

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