Questo Scenario, a cura di Filippo Mazzacano, affronta il tema: architettura del corpo. Benvenuti in Caleido, diario d’ispirazione che contiene molte storie: di persone creative, di tendenze, di viaggi, di oggetti. / Leggi qui l’Editor’s letter
Diario di: @filippolugo

Filippo Mazzacano
Il caleidoscopio richiama alla nostra mente una visione geometrica ed armoniosa, l’apparizione di forme caratterizzate da una trama comune ma in grado di trasformarsi continuamente in una sorta di viaggio cromatico. La visione caleidoscopica risveglia una realtà multiforme e multicolore, in grado però di rispettare costantemente un rigore geometrico che dona un senso di costante compiutezza. Il corpo e la sua architettura sono un simbolo unico di armonia, sofisticatezza, proporzione estetica e al tempo stesso impressionante abilità plastica di trasformazione. Abbiamo fisicamente qualcosa da condividere con la dimensione a tratti psichedelica del caleidoscopio.
Scrivo questo articolo grazie la collaborazione con MM Company, una realtà specializzata nella comunicazione che si definisce creativa e al tempo stesso pragmatica. Creatività e pragmatismo rappresentano un binomio facilmente ricollegabile al nostro corpo, l’esempio più compiuto di un’entità in grado di essere creativa ed artistica, ma al tempo stesso concreta, efficace e pragmatica. L’architettura del nostro corpo fisico è unica e davvero straordinaria, ma spesso da noi data per scontata e non adeguatamente valorizzata. Il corpo è l’espressione di un’intelligenza ed ingegneria perfetta. Molto prima che l’uomo creasse le sue meravigliose opere architettoniche esisteva una struttura di gran lunga superiore da cui poter prendere ispirazione. Così quando osserviamo il nostro corpo dobbiamo avere la capacità di percepirne la sua imponenza architettonica, così da rimanerne affascinati. L’efficacia di una struttura traspare dalla precisione con cui tutti gli elementi dell’insieme organico interagiscono e dialogano al fine di garantire una continua ricerca naturale verso l’omeostasi, l’equilibrio energetico del sistema. Non è infatti un segreto che l’uomo, nella costruzione di tutto ciò di cui si è circondato, si sia costantemente ispirato, più o meno consapevolmente, alla natura umana, in una costante ricerca di replica dell’inesplicabile eccellenza delle strutture biologiche progettate da madre natura. La bellezza che caratterizza un corpo umano equilibrato ha qualcosa in comune con la magnificenza di alcune strutture architettoniche. E’ immediata e potentissima la sensazione che scaturisce alla vista di una cattedrale antica, proporzionata e stabile, maestosa ed elegante, immensa ma non volgare. Emerge in noi una emozione simile quando vediamo corpi equilibrati e molto forti dare prova della loro integrità ed efficacia attraverso l’azione. Pensiamo all’atleta centometrista delle olimpiadi ad esempio. Il concetto di bellezza di cui parliamo non è legato alla pura apparenza, bensì alla stretta correlazione fra rigore geometrico e potenza espressiva. La capacità di espletare in maniera ottimale la funzione per cui una struttura è stata progettata è certamente uno degli elementi condivisi fra le due realtà appena citate. Bellezza e funzionalità sono due concetti fortemente interconnessi. Come un palazzo nasce per essere forte e permanere nel tempo intatto, senza crollare a fronte delle avversità ambientali, così il corpo è meticolosamente disegnato, con la sua struttura ingegneristica perfetta, per affrontare la vita e le avversità che essa gli pone davanti.

Analizziamo meglio questa corrispondenza, spesso dimenticata, che lega il concetto di bellezza e quello di efficacia. La nostra fisicità viene ogni giorno sottoposta a miliardi di stimoli di diversa natura e spinta a reagire ed adattarsi. La sfida altissima del nostro percorso, difficilmente isolabile unicamente nell’ambito materiale visibile, si descrive come la ricerca costante di un equilibrio. Potremmo vedere l’architettura del nostro corpo proprio come l’immagine materica di questa continua autoregolazione fisica, chimica e psichica che si vive attraverso i sensi e che genera un ciclo incessante di distruzione-rigenerazione di tessuti, grazie ad una forma intelligente, in grado di evolversi ed adattarsi consapevolmente. Volendo fare un fantasioso paragone di questa capacità trasformativa costante della nostra struttura, dovremmo immaginare un edificio costruito sulla base di un intreccio di centinaia di direzionalità spirali differenti. Le colonne e le reti portanti di questo edificio dovrebbero essere in grado di muoversi in relazione al vento ed al sole, pur mantenendo gli abitanti all’interno in uno stato di quiete. Ne emerge un’immagine futuristica ancora irrealizzabile per l’uomo. Questo modello che abbiamo descritto riguarda ognuno di noi e possiede caratteri che possiamo soltanto intuire e non definire in modo razionale e completo.
L’architettura del corpo nelle sue espressioni più potenti ed armoniose, ma anche nelle espressioni di degenerazione e disfunzione, è la rappresentazione di un equilibrio precario con l’ambiente esterno. Pensiamo ad un corpo molto forte e in grado di comunicare bellezza (il David di Michelangelo ad esempio) e ad un corpo infiammato ed affaticato, deprivato delle sue energie di base, sovraccaricato da un accumulo di liquidi e lasciamoci per un attimo stimolare dalla differenza tra queste due immagini. In entrambe ed in egual misura, si nasconde un’intelligenza straordinaria di adattamento a stimoli ambientali esterni ed interni, con la differenza che nel primo caso il rapporto corpo-ambiente risulta essere più armonioso e simbiotico. Il corpo del David di Michelangelo richiama in termini pratici un’abilità maggiore di vivere l’esperienza movimento-vita in modo efficace, esprimendo la possibilità di eseguire le azioni che l’uomo è chiamato a realizzare in modo potenzialmente eccellente. Evochiamo per un attimo la figura dell’atleta lottatore della cultura greco-romana classica, la sua resilienza fisica e psichica incarnano in modo completo questa connessione fra corpo bello e corpo in salute. Ci appare pertanto una bellezza unica, perfettamente integrata alla funzionalità bio-logica e fisio-logica. Tutta questa considerazione ci deve portare a riflettere sulla possibilità di muoverci, allenarci e mirare ad un miglioramento della condizione umana senza operare un netto taglio fra il parametro di efficacia scientificamente intesa, la pragmatica volontà di essere funzionali e il parametro della bellezza estetica. Quando ci alleniamo, quando ci muoviamo nello spazio, quando ricerchiamo una nutrizione migliore, dobbiamo pensare a questa stretta correlazione fra corpo forte e corpo esteticamente bello, tra uomo che dialoga in modo profondo con le leggi bio-logiche e bio-meccaniche che lo governano e uomo che si avvicina alla sua funzione originaria anatomica e dinamica.
Avete mai visto un leone, non danneggiato da un trauma, muoversi in modo goffo e poco armonioso? Avete mai visto un gatto selvatico sano muoversi in modo poco sinuoso e reattivo? L’immagine del gatto è in realtà spesso associata con quella di un animale da appartamento in sovrappeso che, allontanatosi dalla sua natura, ha innescato meccanismi di adattamento anomali, non esattamente in linea con il disegno genetico iniziale.
Risulta sempre molto complesso descrivere in modo lineare questa ambivalenza funzione-bellezza, ma penso che tutti noi ne intuiamo l’importanza e l’autenticità. Mi piace considerare il metodo che utilizzo nella mia professione di preparatore atletico, proprio come un tentativo di applicare concretamente questo principio. Lo definisco “terapia della forza” in quanto il suo fine ultimo, attraverso un costante processo di guarigione, è quello di ritorno alla coerenza del disegno naturalistico iniziale con una contemporanea volontà di generare forza, integrità e potenza. In questo quadro il risultato e la performance estetica non sono il motivo prefissato verso cui tutto deve convergere, bensì un naturale effetto della pratica, che sovrapponendosi alle leggi della natura umana produce una bellezza essenziale e lontana da spasmodiche manie di perfezione o necessità sociali di emulazione di modelli esterni. L’istinto a ricercare la salute può generare risultati di bellezza e funzionalità in modo quasi automatico.
Fermiamoci per un attimo ad osservare una struttura come la gabbia toracica, la sua capacità unica di accogliere organi vitali ed interagire con essi in modo costante e sensibile. Una struttura molto forte ma dotata di una mobilità straordinaria, descritta da una geometria estremamente complessa che si adatta costantemente ad ogni atto respiratorio. In ogni cellula della cassa toracica è inscritta una legge biologica orientata al mantenimento della vita, fondata su quel disegno genetico primario di cui abbiamo parlato prima.
Da oggi in poi proviamo a vivere il corpo non solo come uno strumento unico con cui condurre le nostre esperienze, ma anche come un simbolo unico di intelligenza, bellezza, creatività naturale e ispirazione per forme di arte e di scienza che possano connettersi in modo coerente agli ambienti che ci ospitano e con cui ci relazioniamo.
